C’è un’apertura tra i due mondi: il mondo degli stregoni e quello degli uomini viventi. C’è un luogo dove i due mondi si incontrano: l’apertura è lì. Si apre e si chiude come una porta al vento…
Carlo Castellaneta
Bentornati, lettori! Oggi continuiamo l’avventura alla scoperta dei compagni di viaggio di Lucrecia e parliamo di Zahra, la strega che la accompagna in Il destino di un’assassina (QUI).

Hanno detto di lei: “Ho sentito parlare di Zahra la nubiana da un marinaio africano che incontrai a La Habana tempo fa. A differenza di Lucrecia, non usa la spada, la freccia o il pugnale, ma la magia vudù. Pare che abbia il potere di resuscitare i morti” (Giovanni da Verrazzano, da Huerta il destino di un’assassina).
Il personaggio di Zahra, ben raffigurato da Giulia Calligola nell’immagine qui sopra, è avvolto nel mistero. Di lei si sa solo che fece parte dei milioni di schiavi africani che furono deportati nelle Americhe e che nel suo paese di origine, il Dahomey, praticava la magia vudù. Ma qual è la sua funzione nel romanzo Huerta? Quanto si è addentrata nel misterioso mondo dei sortilegi e soprattutto a quale scopo?
Una prima indicazione ci viene fornita da lei stessa nella sua prima apparizione (Capitolo 4 –Guantanamo)
Lucrecia raggiunge una capanna di legno con il tetto in foglie di palma, tipica dei primitivi abitanti della zona. Non attende oltre, ne varca la soglia e si arresta di fronte a una giovane donna africana dal corpo statuario e i lunghi capelli neri annodati e fluenti fino alle spalle, seduta su una grossa poltrona di legno e intenta a fabbricare una bambola vudù di creta.
“Ti stavo aspettando, accomodati” dice la donna in discreto spagnolo.
“Hai parlato con gli spiriti, Zahra?” chiede Lucrecia, sedendo di fronte a lei.
“L’ombra della morte sta nuovamente per avvolgerti, Lucrecia, ma questa volta arriva dal mondo lontano dove sei nata… oltre il Mare Oceano… Cosa hai scoperto dopo l’incendio della locanda al porto?”
“Burgos ha confessato che un tizio dal volto coperto lo ha pagato per rapire Piri Reis e fargli scrivere una falsa richiesta di aiuto allo scopo di trascinarmi a Fès con l’inganno”.
“Cosa pensi di fare?” chiede Zahra, posando la bambolina sul tavolo.
“Fingerò di abboccare all’esca dell’ignoto cialtrone che vuole trascinarmi nel Maghreb e poi si vedrà… Prepara i bagagli, partiremo fra tre giorni”.
“Nessun marinaio accetterà la presenza di una mambo vudù a bordo”.
“Verrai come mia servitrice, a patto che tu riesca a occultare i feticci e la borsa dei veleni… Posso contare sul tuo aiuto?”
“La mia vita è tua da quando la salvasti”.
“Grazie, amica mia”.
“Torna a casa, Lucrecia, e lasciami sola. Devo meditare”.
“Sulla magia che non hai mai osato intraprendere?”
“I riti dei Bokor potrebbero esserci di grande aiuto in caso di estremo pericolo”.
“Non hai mai avuto paura di praticare l’antica magia della tua terra. Perché adesso sei così timorosa?” chiede Lucrecia sulla soglia dell’uscita.
“La magia nera è facile da evocare, ma molto difficile da controllare”.
“Agwé l’ha mai praticata?”
“Una sola volta, da giovane. Non mi raccontò mai cosa accadde, ma da quel lontano giorno si dedicò sempre e solo alla magia bianca”.
“Ma allora perché tu vorresti…”
“Perché a volte serve il male per sconfiggere il male. Tu, Lucrecia, lo sai meglio di chiunque altro al mondo” conclude Zahra.
Dall’estratto di questo dialogo emerge un ritratto molto più complesso e articolato di quello della solita strega che vota se stessa al servizio del male per il puro gusto di farlo.
Prima di tutto, è una donna dotata di un innato sesto senso: percepisce il pericolo imminente (l’ombra della morte) e persino la provenienza (l’Europa, dato che il dialogo avviene a Cuba).
In secondo luogo, ha un debito di riconoscenza verso la Huerta che un tempo le salvò la vita e (come si scoprirà più avanti) la liberò dalla schiavitù. Lucrecia, dal canto suo, la chiama amica, tiene il suo parere in grande considerazione e la ritiene indispensabile nell’avventura che sta per affrontare.
Infine, cosa non comune in una strega, Zahra rivela ansia, dubbi, paure sui riti dei bokor, alias gli stregoni vudù adepti della magia nera capaci di evocare gli zombi e lanciare ogni sorta di maleficio. Sebbene sia identificata come una di loro, la nubiana si accosta ai riti del male non per servirlo, ma per aiutare l’amica del cuore a sconfiggere un male ancora peggiore.
Gli altri viaggi li potete leggere QUI e QUI.
– illustrazione di Giulia Calligola