I viaggi di un’assassina – Canarie e Sangue di Drago

Eccoci al secondo appuntamento della rubrica alla scoperta delle location de due mondi nel romanzo Huerta. Il destino di un’assassina (QUI)

LE ISOLE CANARIE

Solo chi rischia di andare troppo lontano avrà la possibilità di scoprire quanto lontano si può andare. 

Thomas Stearns Eliot

Dal primo viaggio di Colombo (1492) in poi, le isole Canarie sono state una tappa obbligata sulle rotte atlantiche tra la Spagna e le sue colonie americane, pertanto era logico che Lucrecia Huerta, di ritorno in Europa, vi sostasse anche per prendere informazioni necessarie per il proseguimento della sua avventura europea. Oggi tutti sappiamo che l’arcipelago, nota meta di vacanze, è in territorio spagnolo, ma chi ci abitava prima? Un cenno alle popolazioni indigene ormai estinte viene fornito da un dialogo tra Lucrecia e un taverniere di Las Palmas.

Da Huerta. Il destino di un’assassina. Capitolo 7

Las Palmas de Gran Canaria, novembre dell’AD 1521

La taverna del Guancio, situata in una calle a pochi passi dalla Cattedrale di Sant’Anna ancora in costruzione, è gestita da un superstite del popolo canario, ormai sterminato dalla guerra e dalle malattie portate dagli invasori. Ingaggiato come giovane guida e come spia dalle truppe di occupazione, Airam, il taverniere, è un uomo di mezza età con i capelli ancora biondi e la barba fine solo leggermente brizzolata. Pur essendo stato battezzato, è riuscito a mantenere l’antico nome canario di cui va particolarmente fiero. Il suo locale, costruito in legno e pietra lavica, è un ritrovo abituale di marinai, scaricatori di porto, mercanti e viaggiatori. Lucrecia gli siede accanto a un tavolo d’angolo da cui è possibile osservare tutto l’interno del locale, ancora semivuoto. Mentre fissa un cameriere intento a servire due clienti olandesi, Airam porge alla sua ospite un boccale di vino bianco locale.

“Sono felice di vederti, Huerta, dicevano che eri morta ma sapevo che il diavolo non ti avrebbe voluto tra i piedi” dice, alzando il boccale.

“Alla tua salute. Proprio non riesci a chiamarmi Lucrecia, Airam?”

“Dopo tanti anni, ancora non riesco a pronunciare bene alcune lettere. Come sai, la lingua della mia gente non ha nulla a che vedere con la vostra. Le future generazioni non avranno più questo problema, dato che ci stiamo estinguendo!”


Chi erano i primitivi abitanti delle Canarie, di cui il personaggio immaginario di Airam è un superstite?

I ritrovamenti di teschi appartenenti agli abitanti originari, unitamente alle descrizioni dei primi conquistadores, fanno pensare a persone alte e di corporatura robusta, con occhi e capelli chiari.

Sembra che il nome guanci derivasse da “guan” (uomo) e “achinch” (montagna bianca, identificata con la vetta innevata del Teide, il vulcano di Tenerife, durante il periodo invernale).
Alcuni storici ritengono che siano discendenti da celti provenienti da Spagna e/o Portogallo, o popolazioni berbere giunte dalla vicina Africa Sahariana che successivamente si sono mischiati con gli invasori provenienti dal continente Europeo (norvegesi in primis). Vivevano essenzialmente di agricoltura, di pastorizia e di caccia.
Le operazioni di colonizzazione iniziarono nei primi del 1400 e finirono quasi un secolo dopo, quando gli spagnoli riuscirono a prendere il totale controllo di tutti il territorio dell’arcipelago delle Canarie.
I guanci vennero sottoposti a una vera e propria pulizia etnica e venduti in massa come schiavi; si stima che a conquista completata la loro lingua fosse stata totalmente soppiantata da quella dei colonizzatori.

IL SANGUE DI DRAGO

È l’alchimia una casta meretrice, che ha molti amanti, ma tutti delude e a nessuno concede il suo amplesso. Trasforma gli stolti in mentecatti, i ricchi in miserabili, i filosofi in allocchi, e gli ingannati in loquacissimi ingannatori.

Johannes Trithemius, Annales Hirsaugiensis, 1514

Da Huerta. Il destino di un’assassina. Capitolo 7

Il quartiere di La Vegueta, costituito da un dedalo di vie strette dal pavimento in ciottoli, sorge nel sito dell’accampamento militare da cui nacque il villaggio originale fondato dai primi conquistadores delle Canarie nel 1478.

Esaurite le formalità doganali, Lucrecia e la sua scorta percorrono il barrio tra le bancarelle di un mercato contenente tutti i prodotti alimentari e dell’artigianato locale. Fermatasi davanti all’esposizione delle tinture, acquista una gran quantità di un colorante noto come sangue di drago.

“Tornate alla nave e consegnate questo recipiente a Zahra” ordina alla scorta.

“E voi, mia signora?” domanda José.

“Andrò a trovare un amico in una taverna qui vicino e pernotterò lì. Dite a Verrazzano che tornerò in tempo per salpare con la prima marea di domani”.

“Ma, mia signora, non potete restare da sola in una…”

“Obbedisci o la prima marea porterà al largo il tuo cadavere!”

“Scusate” mormora l’uomo, abbassando il capo.

“Non te la prendere. Tu e il ragazzo siete stati un’ottima scorta sia in capitaneria che al palazzo del Governatore, ma ora le formalità sono finite e Luciana de Grijalva lascia il posto a Lucrecia Huerta”. 

“Faccio fatica a capirvi, mia signora” dice il giovane mozzo.

“Meglio così. Ora andate da Zahra”.

“Posso farvi una domanda?” chiede timidamente Ruiz.

“Una sola, a patto che non riguardi i fatti miei”.

“Perché Zahra vi ha chiesto questa tintura rossa? Sembra sangue”.

“In un certo senso lo è. Devi sapere che i Guanci, le popolazioni indigene delle Canarie, credono che il sangue di drago, così si chiama la resina che ho comprato, nasca da un albero con proprietà magiche” spiega Lucrecia.

“Ma è davvero magico?” domanda il ragazzo con gli occhi sbarrati.

“Dovresti chiederlo a Zahra. So solo che la corteccia o le foglie di quell’albero, quando vengono recise, secernono la sostanza rossa reperibile sulle bancarelle. Gli antichi romani la utilizzavano solo come colorante, ma fino a una cinquantina di anni fa era molto ricercata da maghi e alchimisti che le attribuivano virtù terapeutiche e non solo”.


A nord di Tenerife vive uno degli esseri viventi più antichi e misteriosi al mondo: El Drago de Icod de los Vinos.

La Dracaena draco, endemica delle isole Canarie, è una pianta dalla forma di ombrello rovesciato appartenente alle Agavaceae, che può raggiungere i 20 metri di altezza.

L’esemplare presente al Parque de Icod de los Vinos è ritenuto l’essere vivente più antico al mondo, benché le ipotesi sulla sua vera età siano piuttosto discordanti (da 1000 a 3000   anni).

In ogni caso, a dispetto della sua reale età, El Drago trascina con sé leggende, miti e aneddoti da riempire un libro intero.

La mitologia greca ad esempio vuole che Eracle, nelle sue famose 12 fatiche, fu costretto a rubare le mele d’oro del giardino delle Esperidi, da molti collocato proprio a Tenerife. Durante la sua leggendaria impresa uccise un enorme drago il cui sangue diede vita un albero, l’albero del Drago.

La Dracaena draco ha effettivamente la caratteristica di “sanguinare” se recisa, per effetto di un processo di ossidazione della linfa che, a contatto con l’aria, assume un colore rossastro molto intenso.

Da qui la credenza radicata che la pianta contenga ancora il sangue del drago ucciso da Eracle.

Gli antichi romani e greci ben conoscevano i composti estratti dalle resine essiccate o semi liquide della pianta, utilizzati frequentemente per preparare medicamenti ritenuti portentosi.

Gli stessi guanciutilizzavano il sangue di drago per tingere i tessuti e per curare una vastità di patologie quali piaghe e ulcere della pelle, febbre e dissenteria, problemi a gola e intestino, per procurare aborti o come ricostituenti dopo il parto.

Gli abitanti dell’isola di Socotra nello Yemen, ritenevano invece che l’albero del Drago fosse in grado di scacciare i terribili spiriti maligni, i Djinn.

L’albero veniva anche chiamato “dei due fratelli” in riferimento al fatto che fosse nato sulla tomba di Abele, ucciso dal fratello Caino e si pensava che la linfa rossastra composta dal suo sangue avesse il potere di dare e togliere la vita.

Sarà proprio quest’ultima virtù magica a spingere la strega Zahra, amica di Lucrecia, a compiere il rito più pericoloso della sua vita.

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