Micene, la Grecia, l’esattezza, Bisanzio, le crociate, i cavalieri di San Giovanni, i Turchi, Patmo, dove l’Evangelista mangiò il libro e compone l’Apocalisse, Ippocrate, Omero, Tiberio, Cesare, Augusto, Cicerone, Solimano il Magnifico, ecco il luogo d’incontro di razze, di città e di glorie, che la Venere di Rodi contempla appoggiata su un ginocchio, scostando le chiome.
Jean Cocteau poeta, saggista e drammaturgo francese 1889 – 1963
Da Huerta, il destino di un’assassina. Capitolo XIII.
Rodi, marzo dell’AD 1522
Nel tardo pomeriggio di un giorno primaverile che conferisce all’orizzonte una tonalità cremisi, il marinaio Ruiz, di vedetta sulla coffa de La Louise, segnala un’alta torre di avvistamento a dritta. Grazie al cannocchiale, la Huerta può scrutare l’intero edificio circondato da un bastione poligonale e munito all’esterno di mura a scarpa.
“Il forte di San Nicola… Ai lati ci sono due insenature” spiega Lucrecia, passando lo strumento a Tadino. Dopo un’attenta osservazione dei bastioni della città di Rodi, l’ingegnere individua una seconda torre, detta di Naillac, situata su una estremità del molo, e una terza, identificata come Torre di Francia o di Sant’Angelo, a totale protezione della baia della città di Rodi.
“Possiamo entrare dal Mandraki, il porto naturale più piccolo sulla destra del forte di San Nicola. Troverai un’insenatura lunga e stretta a forma di U”.
“Sei già stato sull’isola?” chiede Lucrecia, individuando facilmente l’accesso indicato dal compagno di viaggio.
“No, ma ho fatto ricerche sull’architettura locale a Venezia. La torre di San Nicola sorge sulle rovine subacquee del Colosso di Rodi. Con il tuo strumento ottico vedrai un canale delimitato da due statue di un cervo e una cerva”.

“Le vedo bene. Vado a occuparmi della manovra” conclude la Huerta.
Tadino annuisce distrattamente. Il suo occhio esperto si concentra sulla cinta delle imponenti mura di difesa dotate di parapetti con merli e feritoie. Mentre la nave, sospinta dai rematori, penetra all’interno del molo, l’ingegnere contempla i bastioni bizantini che collegano la Porta dell’Arsenale alla Porta Marina, dotati di spessore doppio rispetto le mura di difesa del piccolo porto e di torri di difesa su cui si ergono numerose bandiere a fianco della croce amalfitana.
“Ci sono stemmi che non conosco” osserva Malpaso, affiancando l’ingegnere.
“I Cavalieri di Rodi non sono nativi di qui, ma provengono da famiglie nobili di diversi paesi d’Europa. Si tratta per lo più di discendenti di un gruppo di Crociati che, in Terrasanta, costituirono i Cavalieri Ospitalieri, detti anche Gerosolimitani” spiega Tadino.
“Incredibile!” esclama Malpaso a bocca aperta “Pensavo che i Crociati non esistessero più, ma… qual è la bandiera che li rappresenta tutti?”
“La croce ottagonale che vedi in cima alla torre più alta. Le altre rappresentano i loro diversi paesi di origine, che qui chiamano Lingue, come quella di Italia per esempio… ah, la lingua del sommo Poeta. A proposito, spero che il mio spagnolo ti sia comprensibile” dice Tadino con il piglio di un cattedratico universitario.

“Lo parlate meglio di me, signore, ma continuate… vi prego”.
“Ciascuna Lingua dei Cavalieri di Rodi ha una sua sede autonoma in città, chiamata Albergo, ma i rappresentanti che compongono il Gran Consiglio presieduto da Philippe Villiers de l’Isle Adam si riuniscono nel Collachio, o Palazzo del Gran Maestro, il grande castello in pietra che domina la città”.

“Quante sono le Lingue?”
“Attualmente sono sette, ma un tempo erano molte di più. La scarsità di nuove vocazioni in Europa ha obbligato molti Gran Maestri ad accorparne alcune”.
“Vocazioni? I Cavalieri sono preti?”
“Li definirei, piuttosto, monaci guerrieri. Hanno conservato molte regole dei loro padri fondatori, tra cui il voto di castità” conclude Tadino, impaziente di mettere piede a terra per toccare con mano le prodigiose costruzioni di difesa.

Nel capitolo XIII, Lucrecia Huerta giunge finalmente a Rodi dopo un lunghissimo viaggio da Cuba, per trattare la liberazione dell’ammiraglio turco Piri Reis. Gabriele Tadino (personaggio storico, sarà trattato nel prossimo articolo), ingegnere della Serenissima, racconta a Malpaso, giovane aiutante di Lucrecia, la singolare storia dell’ordine religioso al comando dell’isola: i Cavalieri di Rodi, gli ultimi discendenti dei crociati.
Chi erano i Cavalieri di Rodi?
Gli ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme, detti poi anche di Rodi o di Malta, sono un ordine religioso cavalleresco nato intorno alla seconda metà dell’XI secolo a Gerusalemme, intitolato a San Giovanni Battista. I membri dell’ordine erano detti anche cavalieri giovanniti o gerosolimitani.
L’Ordine cavalleresco fu fondato dal Beato Gerardo de Saxo nel 1099 in seguito alla prima crociata. La bolla papale “Pie Postulatio Voluntatis” di papa Pasquale II del 15 febbraio 1113 ne riconobbe lo statuto quale congregazione religiosa autonoma sotto la tutela della Sede Apostolica.
Il primo ospizio degli Ospitalieri fu costruito nei pressi della Basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme. Il gruppo inizialmente si prese cura solo dei pellegrini giunti a Gerusalemme, ma presto l’ordine estese i suoi servizi alla scorta armata ai pellegrini. La scorta in breve crebbe fino a diventare una sostanziosa forza armata.
Assieme ai Cavalieri Templari, gli Ospitalieri, che indossavano una sopravveste nera con una croce bianca, divennero uno dei più potenti gruppi cristiani nell’area e iniziarono a distinguersi in battaglia contro i musulmani. Intorno alla metà del XII secolo, si divisero tra membri prettamente militari e membri dedicati all’assistenza dei malati e dei pellegrini. L’Ordine godette di privilegi funzionali concessi dal papato, tra i quali l’indipendenza da ogni autorità che non fosse quella del papa stesso, l’esenzione dai tributi e la concessione di edifici religiosi.
Dopo la caduta del regno di Gerusalemme nel 1187, i Cavalieri si trovarono confinati nell’attuale Libano ma, quando San Giovanni d’Acri venne espugnata, nel 1291, lasciarono la Terrasanta per Cipro. Il Gran maestro Guillaume de Villaret, dopo qualche tempo, scelse Rodi come nuova patria dell’Ordine.
Gli Ospitalieri erano organizzati in otto “Lingue” (Alvernia, Aragona, Castiglia, Francia, Germania, Inghilterra, Italia e Provenza), divenute poi sette con l’unificazione di Castiglia e Aragona nella Lingua di Spagna.
Dall’occupazione di Rodi nel 1309, essi furono obbligati a sviluppare maggiormente il lato militare della propria attività, impegnandosi soprattutto contro i corsari berberi. Gli Ospitalieri, nel corso del XV secolo, si opposero vittoriosamente a due tentativi d’invasione: uno del 1440 per opera del sultano mamelucco d’Egitto, il secondo nel 1480 per opera del sultano ottomano Maometto II, il quale, dopo la caduta di Costantinopoli, vedeva nei Cavalieri del Sovrano Ordine di San Giovanni di Gerusalemme uno dei suoi nemici principali.
Il terzo assedio avvenne nel 1522, l’ambiente perfetto per decretare il destino di un’assassina.