Dottor Ibanez #2 – la medicina egizia II

Una statua di giada di Iside ci appare come una presenza finalmente inesplicabile. Gli uomini che l’hanno creata credevano. Noi in che cosa crediamo? È questo ciò che di più importante ci dice la statua. Anzi non ce lo dice. Ce lo comunica in silenzio. No, neanche. La statua è questo.

Giuseppe Pontiggia

La magia era parte integrante delle credenze egizie e permeava la società a tutti i livelli; infatti, la separazione tra medicina e magia è un concetto moderno che per gli antichi Egizi non aveva senso. Del resto, bisogna sempre tenere presente che la scoperta scientifica dei batteri, dei virus e in generale degli organismi patogeni scatenanti le malattie avverrà molti secoli dopo.

Numerosi papiri medici confermano l’importanza delle formule magiche e degli amuleti nelle cure dei mali di causa ignota: per esempio il papiro Hearst (Università della California) contiene sia ricette di rimedi vegetali, minerali e animali riguardanti diverse patologie sia una serie di incantesimi e benedizioni da pronunciarsi sui recipienti nei quali si preparavano le medicine. Il papiro di Londra (British Museum), risalente al regno di Tutankhamon e di cui non si conosce la provenienza, è costituito da 19 pagine con 61 paragrafi di cui 25 sono di tipo medico e 36 a carattere magico, e così molti altri presenti nei musei di tutto il mondo.

L’aspetto magico della medicina egizia era strettamente legato alla religione, comprendente una serie di divinità in relazione benevola o malevola con la salute.

Gli elementi magici utilizzati nella cura di malattie sconosciute consistevano in antiche formule magiche risalenti all’alba della civiltà egizia (gli incantesimi) e gli amuleti.

L’incantesimo, il più delle volte, era una sorta di esorcismo ante litteram rivolto contro il demone ritenuto responsabile della malattia. I riti prevedevano in genere l’evocazione di una o più divinità della salute (Iside, Sekhmet la dea Leonessa, Serqet lo scorpione, Thot il babbuino, Ibis dio degli scribi, Bes il nano, Taweret l’ippopotamo) durante la somministrazione di rimedi convenzionali per il  paziente.

Gli amuleti erano oggetti indossati a scopo protettivo sia dai medici che dai malati. Spesso rappresentavano la figura di un dio o l’Ankh, una croce ansata che rappresentava il simbolo della vita eterna, e l’Udjat, l’occhio di Horus simbolo di rigenerazione. Erano molto in uso anche la figura dello scarabeo, rappresentante il dio Khepri, lo shen e il Nodo di Iside.

In conclusione, nei rimedi per i traumi (per approfondire Il dottor Ibanez #1), la cui causa era evidente, si trova raramente nei papiri un accenno agli incantesimi. Per le malattie di origine e prognosi oscura per l’epoca, l’associazione tra rimedi empirici e formule magiche è comune; eppure, molte guarigioni furono documentate: fu fortuna, buona costituzione fisica, effetto placebo o la mano di Iside?

Fonte principale: Manuale di Storia della Medicina di G.Fornaciari e V. Giuffra

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