“Intrigo a Milano” – Lord Byron

Se Laura fosse stata la moglie del Petrarca, pensate che lui avrebbe scritto sonetti tutta la vita?

George Gordon Byron

La presenza di George Byron a Milano è ben documentata da numerose fonti storiche e da lettere scritte dal poeta stesso agli amici inglesi durante il suo secondo (e ultimo) grande tour europeo della sua vita.

Byron, un’autentica celebrità mondiale dell’epoca, bello e maledetto, soggiornò a Milano nell’autunno del 1816 e, dopo poche settimane, proseguì per Venezia.

Grazie al suo carattere dissoluto e irrispettoso di norme e regolamenti, riuscì in poco tempo a inimicarsi le rigide autorità austriache al pari di quelle inglesi, che lo avevano esiliato. Tra i fatti più eclatanti, oltre a un celebre diverbio con il governatore Saurau alla Scala, ci fu un tentativo di furto di una reliquia tuttora esposta alla Pinacoteca Ambrosiana: una ciocca dei capelli di Lucrezia Borgia.

Perché tentare di rubarla? Byron stesso spiega, in una lettera, di essersi recato all’Ambrosiana per leggere il carteggio amoroso tra la Borgia e Pietro Bembo, ma di essere rimasto folgorato da “una ciocca di capelli più simili all’oro che ad altro”.

Proprio questo episodio storico è la chiave di ingresso dell’affascinante poeta romantico nel noir storico “Intrigo a Milano”, in cui l’ufficiale di polizia Marco Ziani (personaggio immaginario) arresta George Byron (personaggio storico) per il tentato furto della ciocca (fatto reale, appunto).

La biografia di Byron è ricca di soggiorni in galera, tanto numerosi quanto brevi grazie all’intercessione dei diplomatici inglesi che lo volevano in esilio, sì, ma libero, in quanto le sue opere immortali davano lustro all’Impero Britannico.

Nel caso specifico, tuttavia, non si sa cosa avvenne dopo il fallimento del furto. Nel romanzo, è Ziani stesso a rilasciarlo in cambio di informazioni utili alle indagini sull’omicidio di una persona che Byron conosceva.

Il poeta, animato dal temperamento romantico bramoso di nuove emozioni, accetta di collaborare. Manterrà l’impegno a tal punto da diventare grande amico del detective, con cui condivide la natura ribelle e anticonformista tipica del Romanticismo originale.

In intrigo a milano, dicono di lui

Anna Molinari (archivista della polizia austriaca di Milano, durante il rapporto a Ziani).

“George Gordon Byron, ventotto anni, occupa per diritto di nascita un seggio alla camera dei lord…

Divenne un poeta di successo con l’autobiografico Childe harold, basato sui suoi lunghi viaggi. L’entusiasmo dei lettori fu tale che Byron produsse una cospicua mole di novelle orientali in versi, i racconti turchi. Li scrisse a un ritmo incalzante, come i successi bellici che Napoleone Bonaparte andava riscuotendo. Non a caso il poeta è noto nei salotti londinesi come il gran Napoleone dei reami della rima”.

“Mi stai facendo un rapporto su un sospettato o una biografia letteraria?”

“Scusate, tenente Ziani. Byron è il mio… poeta preferito” sussurra la Molinari arrossendo.

“Personalmente adoro Il Corsaro. Parlami dell’uomo, non del poeta”.

“Fu accusato di incesto, adulterio, omosessualità, sodomia, amore libero e altro ancora. Il malanimo nei suoi confronti fu tale che gli venne suggerito di non recarsi più alla Camera dei Lord…

Essendo la situazione ormai degenerata, il 21 aprile 1816 decise di firmare il documento di separazione dalla moglie e auto esiliarsi dall’Inghilterra”.

John Polidori (personaggio storico. Medico, scrittore e compagno di viaggio di Byron in un colloquio con la contessa Irina Varga).

John Polidori, in attesa nella biblioteca di Palazzo Clerici, scorre i titoli di alcuni volumi di storia.

Irina, elegante come sempre nei suoi moderni abiti attillati, lo raggiunge in perfetto orario.

“Servo vostro, signora contessa”.

“Chiamatemi Irina. Spero che parteciperete al mio ricevimento”.

“Non amo le feste, ma voi siete l’unica donna per cui farò un’eccezione”.

“Molto galante. Voi avete scritto Il Vampiro, vero?”

“Vi è piaciuto?”

“Mi è piaciuta l’idea di trasformare il vampiro del folklore nel demone aristocratico che cerca le sue prede nell’alta società. Non mi è piaciuta invece l’identificazione del vostro protagonista con lord Byron”.

“Non pensate che George sia un vampiro? Uno senza scrupoli che ti succhia la linfa vitale fino a quando si stufa e non gli servi più per passare poi a nuove prede che gli arrecano stimoli nuovi e nuove brame?”

“Parlate come un amante deluso, John”.

“Avete ragione, Irina, a volte vorrei non averlo mai conosciuto”.

Marco Ziani (viene a sapere dalla contessa Varga e da Anna che Byron sta indagando di sua iniziativa).

“Quel dannato poeta è definitivamente uscito di senno?”

“Da sempre voleva non immaginare ma vivere un’avventura” spiega Irina.

“Ma si rende conto che nella realtà potrebbe lasciarci la pelle?” obietta Ziani.

“E chi ti dice che non stia cercando proprio questo? Temo che George Byron non morirà vecchio nel suo letto”.

“Irina, non dire così!” esclama, spaventata, la Molinari.

“Scusami, cara, ma conosco bene lord Byron e la sua vena autodistruttiva”.

“Non lasciate che gli succeda qualcosa, capitano”.

“Non lo permetterò, anche se lo ammazzerei volentieri io stesso”.

Carlo Vercesi (medico legale, a colloquio con Marco Ziani).

“Posso sapere cosa ti fa sorridere dopo aver letto la missiva di quel poetucolo dandy da strapazzo? È solo un narcisista cinico e arrogante”.

“E’ qualcosa di più, Carlo, e ritengo che nonostante tutti i suoi difetti sia una persona di buon cuore”.

Chi era veramente Byron? L’incarnazione del male descritta da Polidori o l’uomo che sacrificò la propria vita nella guerra d’indipendenza greca per la libertà di un popolo che non era il suo?

Nel prossimo articolo, il Byron di Intrigo a Milano sarà presentato attraverso alcuni suoi dialoghi e azioni che confermeranno la sua grande complessità e il suo fascino immortale.

Curiosità storica: John Polidori scrisse “Il Vampiro” a Villa Diodati, sul Lago di Ginevra, affittata da Lord Byron nell’estate del 1816. Mary Shelley e Percy Bysshe Shelley, accompagnati da Claire Clairmont, che avevano affittato una casa nelle vicinanze, erano ospiti frequenti. Nel mese di giugno vi trascorsero il tempo inventando e raccontandosi storie, due delle quali poi divennero due opere esemplari per il genere dell’horror gotico: Frankenstein di Mary Shelley e Il vampiro di Polidori, il primo racconto moderno basato sui vampiri. Il più celebre Dracula di Bram Stoker, infatti, fu scritto ben ottant’anni più tardi, nel 1897.

Scopri il romanzo, QUI

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