Il cemento ideale di una comunità è formato dalla coscienza della propria cultura e dalla capacità che abbiamo di conservarla ed accrescerla.
Ludovico Magrini

Capitolo XII de L’arma segreta degli Dei
Rovine Maya di Copàn (Honduras), aprile dell’AD 1514
… Miriam e Iktàn varcano l’ingresso di un antico tempio maya di colore blu, rosso e ocra. Illuminando quanto basta la facciata alta più di dieci metri con le torce, Miriam riconosce le maschere tribali scolpite di molte divinità antiche tra cui quella del dio Quetzalcoatl, il Serpente Piumato. Estrae dalla bisaccia due maschere di gomma prelevate dalla Città Perduta e ne porge una a Iktàn.
“Questo è il posto giusto; indossiamo una maschera” suggerisce Miriam.
“Ma potremo profanare una dimora degli Dei senza essere maledetti?”
“Il maestro Kukulkàn ci ha autorizzato a farlo”.
“Ma a cosa servono queste maschere?” chiede Iktàn, non molto convinto.
“A non inspirare l’aria malsana. A Teotihuacan ho utilizzato lo stesso sistema per ispezionare i sotterranei più profondi e angusti” replica Miriam. Imbocca una scalinata lunga e stretta senza fine che sembra portare nelle viscere della terra. Nota alcuni geroglifici maya, incisi sulle due pareti, vecchi di molti secoli.
“Non ho mai visto disegni di questo tipo. Riesci a decifrarli, Iktàn?”
“Sono in nahuatl arcaico. Dal poco che intuisco, stiamo andando nella dimora eterna di un Re o una Regina”.

L’Arma segreta degli Dei è un romanzo di avventura su sfondo storico ma, soprattutto, narra la storia di un lungo viaggio attraverso tre continenti (Europa, Africa, America Centrale e Meridionale) per arrivare sulle alte vette innevate delle Ande, ancora sconosciute negli anni di ambientazione della trama.
Durante una sosta all’interno dell’attuale Honduras, la studiosa veggente Miriam si imbatte nelle rovine di un’antica città Maya identificata come Copàn, uno dei più importanti siti archeologici dell’America Centrale. L’autore, per non appesantire la trama e non distogliere il lettore dallo scorrere dell’avventura, non ha volutamente inserito alcuni dati storici su questo sito, a cominciare dal fatto che le grandi città stato dei Maya erano già state abbandonate prima dell’arrivo degli Spagnoli.
I Maya, secondo gli archeologi, si insediarono nell’America centrale attorno al 1500 a.C. e vennero soggiogati dagli Aztechi all’incirca nel 1400 d.C. quasi un secolo prima dell’arrivo degli spagnoli. Le loro maestose città, un tempo vere e proprie città stato autonome (come le polis greche) furono abbandonate e inghiottite dalla giungla, e le loro comunità superstiti si rifugiarono in piccoli villaggi realizzati con misere capanne in legno di palma.
Nei capitoli iniziali de La città perduta degli Aztechi, infatti, Francisco fa naufragio proprio vicino a uno di questi villaggi costieri abitati da una comunità di pescatori Maya.
Nel capitolo de L’arma segreta degli Dei a cui fa riferimento questo articolo, Miriam, Jana e la guida maya Iktàn si imbattono invece nelle rovine di una grande città stato maya del passato, il cui centro monumentale copriva un’area di 180000 metri quadrati.
I disegni a cui si riferisce Miriam traggono spunto dalla cosiddetta Gradinata dei Geroglifici, alta 20 metri e larga 10 situata nell’Acropoli del sito archeologico.
I 63 scalini, fitti di circa 2000 glifi, costituiscono la più lunga epigrafe della regione, che aprì la speranza di potervi leggere la storia della città ma le loro pessime condizioni resero qualsiasi ricostruzione opinabile.
La presenza di una Stele, datata 781 d.C., raffigurante una donna e della decorazione esterna di un tempio con il motivo di “dee che cantano” ha ispirato la fantasia dell’Autore nella seguente stele tradotta da Miriam:
“Qui giace la grande dea regina, guerriera e sacerdotessa Giaguaro della Luna, moglie del grande dio Serpente Piumato, signora della Stella del Nord, madre e protettrice del popolo dei Toltechi e dei Maya. Qui lei attende che un giorno una donna discendente degli Dei si mostri degna della sua eredità …”
I giaguari non potevano mancare neppure a Copàn: la scalinata dei giaguari, larga 16 metri, reca sui lati due di questi animali in posa araldica con il vello maculato da piastre di ossidiana.
Questo ennesimo elemento comune tra i Maya e gli Aztechi può portare i lettori a identificare un popolo con l’altro, ma sarebbe come affermare che gli antichi Greci e Romani fossero lo stesso popolo.
Al pari dei Greci rispetto i Romani, la civiltà Maya è antecedente a quella Azteca da cui venne assoggettata nel 1400. I Maya non avevano un Impero, né uno Stato unitario ma erano divisi in Città Stato, come gli antichi Greci.
Gli Aztechi, un popolo guerriero che forgiò un grande Impero come i Romani, attinsero a piene mani dai Maya gli elementi fondamentali della loro cultura come l’astronomia, l’architettura e la religione.
Ad esempio, lo Zeus dei Greci diventò il Giove dei Romani. Allo stesso modo il dio Serpente Piumato, Kukulkàn dei Maya, divenne Quetzalcoatl per gli Aztechi.

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Giovanni Mandruzzato